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Deja vu

  • Guido Pizzorno
  • 7 nov 2018
  • Tempo di lettura: 1 min

Aggiornamento: 10 mar 2019


Il sole sta rapidamente salendo nel cielo ma la valle è ancora in ombra. Il Col Vessona sovrasta un ampio anfiteatro. Riconosco ogni curva del sentiero, le rocce sulla sinistra, quel boschetto laggiù in fondo. La mulattiera lo circonda scomparendo alla vista ma so perfettamente che cosa troverò più avanti. Quando sono stato lì? Com’è che ricordo tutto così bene?

Il fatto è che io non sono mai stato lì.

Nella prima parte della notte mi ero attardato guardandomi attorno affascinato. Scendendo dal Col Fenetre ho ridotto parecchio il ritmo per assistere un concorrente che a stento riusciva ad avanzare. Ho dovuto poi accelerare. La strada sterrata che conduce al rifugio Magià mi è parsa interminabile. Sono arrivato frullato. Ho dormito una mezz’ora steso su di una lastra di pietra in sala da pranzo. Poi un saliscendi durissimo, su terreno difficile, tra Cuney e Col Chaleby. Al bivacco Clermont un piatto di pasta mi ha ridato un po’ di forze.

E ora, scendendo a Oyace, il cervello comincia a cedere.

Deja vu. Conosco perfettamente la valle. Ma io non sono mai stato lì.

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