La libertà di correre
- Guido Pizzorno
- 1 nov 2018
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 10 mar 2019
Cosa può spingerci ad abbandonare i riferimenti quotidiani della civiltà per immergerci nella natura, per cercare sulle montagne dimensioni che paiono senza utilità, senza scopo?
È più corretto incontrare la montagna lentamente o in velocità?
Esiste un ritmo che, più di altri, stimoli a cogliere i particolari, gli eventi, le atmosfere della montagna e, al tempo stesso, renda il nostro movimento efficace, sicuro, gratificante?
Ogni gesto naturale, camminare, correre, arrampicare, anche il restare immobili, ci rivela una faccia in più della realtà che i singoli gesti non ci mostrerebbero.
Perché cercare di entrare in sintonia solo con l’immobilità di una parete o di un vecchio larice e non con i rapidi movimenti del camoscio, dell’aquila, del torrente, del fiocco di neve, del vento.
Perché non provare, per quanto ci è possibile, a imitarli?
Franco Michieli, esploratore, geografo, giornalista, sta prestando nel 1987 il servizio militare a Aosta. Nelle inevitabili ore di inattività guarda dalle finestre della caserma le montagne circostanti.
La libera uscita serale, dalle 18 alle 23, gli consente in inverno di praticare lo sci di fondo e, con l’arrivo della primavera, di fare gite nei dintorni.
Giorno dopo giorno i percorsi si allungano.
Accelerando il passo, con il miglioramento della condizione fisica, esaudisce un piccolo sogno raggiungendo la cima del Gran Paradiso per riuscire a rientrare, moderna Cenerentola, prima della ritirata.
Le sue parole, tratte dall’articolo "La libertà di correre" (Rivista della Montagna, maggio 2000), mi sembrano perfette per introdurre un blog che vuole trattare di montagna, di sport, di bellezza e di vita.
Velocità e lentezza caratterizzano gli eventi naturali e la vita degli uomini.
Ricercare entrambe nel nostro approccio alla montagna rende più completa l’esperienza.
Quante volte mi sono goduto una tranquilla discesa guardandomi attorno, ascoltando, annusando, dopo una veloce salita che mi aveva permesso di andare più lontano, di raggiungere più spazi, mentre mettevo alla prova il mio corpo e la mia mente, sempre alla ricerca di rassicuranti conferme.
Quanta montagna (e quanta vita) ho vissuto nei fantastici sei giorni del Tor des Geants, correndo o trascinandomi a seconda del momento.




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