Come diventare un atleta anziano
- Guido Pizzorno
- 12 mar 2019
- Tempo di lettura: 2 min
Basta aspettare.
Pare semplice.
Secondo Treccani (sempre lì si finisce quando si vuole una definizione) è atleta: “persona che pratica un qualsiasi sport” e “persona di aspetto robusto e di forza non comune”. Tra le due una certa differenza.
Nell’ultimo congresso nazionale della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria è stato definito anziano persona di dieci anni più giovane rispetto alla vita media, attualmente di 85 anni per le donne e di 82-83 anni per gli uomini. Anziani si diventa a 75 anni! Fantastico.
Più realisticamente si può assumere che oltre i 50 e, ancor più, quando si avvicinano o si superano i 60 ci si può considerare aspiranti atleti anziani.
La questione che si pone è in realtà:
“Come posso mantenere o migliorare il mio grado di fitness e le mie prestazioni in un dato sport nonostante il passare del tempo in modo tale da potermi considerare ancora un vero atleta?“
La risposta, a mio avviso, si articola in quattro punti, tanto ovvi quanto fondamentali:
1) Essere anziani significa accettare di essere portatore di handicap
Anche nelle migliori condizioni e in assenza di malattie, la riduzione dei livelli ormonali, la variazione della composizione di ossa, muscoli, tendini e cartilagini, la riduzione dell’efficienza di cuore e polmoni, sono in vario grado invalidanti.
A questo si sommano i microtraumi ripetuti in sportivi di lungo corso e gli esiti di traumi più seri.
Insomma, appena ti muovi si accendono le spie sul cruscotto.
Ma molti disabili divengono atleti eccezionali sviluppando le capacità residue oltre il normale. Si può cercare di imitarli, per quanto possibile.
2) Restare sani
In assenza di malattie, stabilito quali sono i danni già presenti, bisogna metter in atto tutte quelle azioni, spesso trascurate in passato, per restare il più possibile integri.
Migliorare la biomeccanica generale e specifica perfezionando il gesto atletico, curare la flessibilità e la propriocettività, la funzionalità del “core”, le spalle, le ginocchia, le caviglie.
E ovviamente dormire a sufficienza, bere acqua, mangiare bene.
3) Utilizzare al meglio il tempo
Per mantenere la prestazione, purtroppo, è necessario aumentare lo stimolo allenante, sia con un maggior carico che con una migliore qualità.
Questo costringe a tempi di recupero più lunghi quando è già più difficile recuperare.
Diventa necessario ottimizzare il riposo e recuperare tempo dalle altre attività.
Andare in pensione porta in genere, negli sportivi appassionati, ad un picco di prestazione.
4) Mantenere la motivazione
Che senso ha fare tanti sforzi quando è certo che, presto, la prestazione dovrà comunque decadere?
Come accettarlo? Come ripartire ogni giorno?
Puntare in gara alla classifica di categoria riesce per un certo tempo a essere sufficientemente motivante. Poi quando i concorrenti in classifica sono sempre meno, quando addirittura basta arrivare per finire sul podio, arriva la delusione.
Lo sport in natura può essere la salvezza: l’arrivare ancora una volta su quella vetta, fare il giro epico di sempre, anche se in tempi più lunghi, può essere comunque appagante. Molto meglio che vedere il proprio tempo sui 3000 piani o sui 100 in vasca fatalmente allungarsi.
E se il viso cede bisogna mantenere il corpo, restando magri, con l’igiene di vita, come mai si è fatto, e prediligendo l’attività anaerobica per gonfiare per quanto possibile i muscoli.
Si può poi sfruttare al meglio le caratteristiche dell’anziano: l’esperienza (in montagna la sensibilità al meteo, la conoscenza dei rischi oggettivi e delle caratteristiche dei percorsi), la migliore conoscenza del proprio corpo, la resilienza, l’ossessività.
La passione è il combustibile.
Diamoci da fare.




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